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L'altra Calabria

Paesi silenziosi​


  
Ho deciso di farli in auto i miei ultimi viaggi in terra di Calabria. Mi piace guidare sola, pensare, perdermi nei paesaggi e fantasticare sugli abitanti dei luoghi che incontro strada facendo. E proprio perché ero sola, ho potuto assaporare meglio quello che mi circondava. Fare il paragone con la realtà in cui vivo è stato, di conseguenza, scontato, prevedibile perché se fino ad ora avevo visitato città come Cosenza, Catanzaro o Vibo Valentia, molto simili a quelle del centro Italia, addentrarmi nella fascia jonica o nella piana di Gioia Tauro, è stata un’esperienza particolare.  A sud di Vibo Valentia tutto cambia: all'improvviso ti ritrovi in una realtà nota eppure sconosciuta o, forse, semplicemente non ero pronta a vedere davvero qualcosa di così diverso, che in parte durante gli altri viaggi mi era stata evitata. La strada che da Vibo scende verso la Piana è un susseguirsi di curve e paesi in mezzo alle campagne, molto simili a quelle di casa mia ma, superato un ponte, si entra a Rosarno . E’ quasi buio. Piove e l’acqua ricopre interamente buche come voragini, costringendomi ad una gimcana continua dal centro ai lati della strada, dove cumuli di immondizia si susseguono per metri e marciapiedi interi. Eppure nessuno ne parla. Silenzio totale!Sappiamo dai TG dei rifiuti di Napoli, Palermo e di Roma ma, di questa parte del mondo, delle discariche a cielo aperto del profondo sud, nemmeno la puzza! Forse perché non ci sono cattedrali e musei da preservare; forse perché non ci sono turisti in visita ai quali nascondere, ipocritamente, verità scomode e maleodoranti; forse perché gli unici stranieri, oltre ai topi, sono i tanti, troppi, ragazzi di colore che si riversano nelle strade dopo giornate massacranti e interminabili nei campi,  e allora sì: si lascia tutto a vista. Riesco a perdermi tra le stradine, distratta dai miei pensieri rumorosi. I ragazzi indossano giubbini catarifrangenti, per distinguersi dal buio della notte che incombe. Mi fissano. Si vede che non sono di qui. Sono straniera anch'io  a modo mio, in questa città che è parte della Mia Patria. La strada non ha uscite e un velo di apprensione cala per un attimo sui miei occhi. Uno di loro mi sorride con lo sguardo, quasi a dirmi “tranquilla, devi solo tornare indietro”.
Sorrido di rimando, vergognandomi per i mille pensieri che si erano accavallati in un istante: svolto, lo saluto e torno sulla via principale, guardando dallo specchietto gli occhi buoni di un fratello quasi rassegnato, che cammina tra sacchetti di spazzatura, silenzio e fango.
Arrivo a Gioia Tauro in una giornata particolare. Un latitante si è appena costituito ai militari dell’Arma, che ora scavano nei campi per riesumare ciò che resta di un ragazzo innamorato. Si, perché qui si muore ancora per amore, o meglio, l’onore si lava sempre e solo nel sangue. Quello di un giovane normale, pulito, che osa attentare alla reputazione di una donna d’onore, innamorata, che decide di seguire il cuore e sfidare le arcaiche e cruente tradizioni di questa terra.Silenzio, troppo silenzio ma è un giorno triste. Continua a piovere. Scendo dall'auto per raggiungere il Comando.
Anche qui, mi guardano. Di nuovo straniera. Dal terrazzo di casa osservo stupita il porto poco distante. Sembra una base aliena, con le sue mille luci accese e i rimorchiatori che accompagnano navi immense, cariche all'inverosimile di container,fuori e dentro dal porto. E’ tardi.
Accendo l’ultima sigaretta e il mio respiro è l’unica cosa che sento nel totale, assurdo silenzio di questa grande città.

Photo: Francesco Anastasio

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